Quali sono i LIMITI del PILATES e come rimediare

Sono sempre stata troppo ribelle per essere un’insegnante classica e tradizionale di Pilates e venerare questa disciplina che a suo tempo il buon Joseph Pilates aveva chiamato “Contrology”.

Il Pilates è un metodo molto valido, ne parlo in maniera approfondita in questo articolo, tuttavia ha dei limiti (come tutto d’altronde), che a me sono sempre stati stretti. A mano a mano che cresceva la mia esperienza di pratica e di insegnamento, sono riuscita ad oltrepassarli, dando vita a quello che oggi è diventato Blooming Pilates. 

Ci tengo a precisare che queste sono mie opinioni personali basate sulla mia individuale predisposizione al movimento. Ne scrivo in quanto osteopata D.O., Mindfulness Educator e istruttrice di Fascial Fitness oltre che di Pilates.

Quali sono i limiti e le carenze del Pilates?

Sorvoliamo sugli esosi corsi di formazione che sono sempre stati molto sgradevoli a causa della rigidità dogmatica che percepivo nei formatori e negli aspiranti insegnanti. Andiamo oltre l’ambiente straboccante di pance contratte, colli protesi insistentemente verso l’alto e costole eccessivamente abbottonate. Non nominiamo neanche il senso di superiorità degli insegnanti, e di chi pratica questa attività fisica, così “leccata”, né la civetteria lampante che emerge sui social media cercando #pilates. Chiudiamo gli occhi anche davanti alla scarsa preparazione che alcuni corsi di formazione offrono, pur rilasciando un attestato di insegnamento, con la conseguente impreparazione degli istruttori… perché benché fastidiosi, i suddetti punti non sono i limiti di questa tecnica, ma di noi esseri umani.
Eh d'altronde siamo umani! 

E “umanamente” io mi sono concessa questo piccolo sfogo.

Ho chiesto ad alcune colleghe quali siano secondo loro i limiti del Pilates e quasi tutte mi hanno risposto: “nessuno se lo integri con altre discipline!”, e fortunatamente, negli ultimi anni, c’è stato molto movimento per rinnovare questa disciplina.

Quando arrivò il momento di scegliere un nuovo percorso di formazione, dopo quello in arti circensi e in danza contemporanea, ero in dubbio fra lo yoga, decisamente più spirituale e con una tradizione millenaria alle spalle, e il Pilates, strettamente occidentale e apparentemente più superficiale. Avendo praticato entrambi, e amando entrambi, ero giunta alla conclusione che, per me, futura insegnante, la differenza fondamentale fra il Pilates e lo yoga risiedeva nel fatto che con il primo sarei stata più libera di inventarmi esercizi, integrare e giocare con il corpo, mentre con lo yoga avrei dovuto parlare di chakra, di mantra e insegnare solamente gli asana imparati al corso di formazione. Scelsi dunque il Pilates, per potermi sbizzarrire e integrarlo con i miei studi pregressi.

Ecco la chiave, integrare il Pilates con altre discipline, ma quali? E perché?

Iniziamo dal PERCHÉ…

ECCESSIVA LINEARITÀ DEI MOVIMENTI

La maggior parte degli esercizi classici si svolge su un solo piano dello spazio alla volta, ponendo così poca enfasi sulla tridimensionalità del movimento, trascurando, quindi, l’importanza dei movimenti naturali e quotidiani. Devo ammettere che sono proprio i movimenti spiraleggianti a donarmi un senso di gioia e appagamento…chissà perché… forse perché più animaleschi!

Dopo tanti anni di pratica, ma il sospetto lo avevo sin dall’inizio, sono giunta alla conclusione che il Pilates “puro” sia una tecnica troppo rigida per me, pur lavorando sull’allungamento muscolare, e i movimenti siano troppo lineari per i miei gusti.

Gli esercizi classici mi sembrano aggraziati ma rigidi, un po’ come quelli tipici della danza classica che poco si addice al mio corpo. Io, infatti, sono appassionata di danza contemporanea, in particolare dalla Release Technique, e dalla Contact Improvisation che sono agli antipodi del tutù. Da qui la mia reticenza verso l’utilizzo esclusivo di questa tipologia di movimento.

Ho riscontrato che le persone più rigide, e che hanno un migliore controllo del centro, adorano il Pilates, mentre altre persone più mobili e con scarso “core control” preferiscono discipline meno rigide, questo perché siamo portati a corroborare sempre le nostre tendenze di base? Forse sì!

SCARSO ALLENAMENTO NELLA STAZIONE ERETTA SIA STATICO CHE DINAMICO

E gli esercizi in piedi… e quelli più dinamici?

Non fanno parte del repertorio classico, è necessario integrarli altrimenti è impossibile lavorare sulla resistenza cardiovascolare o allenare l’equilibrio tanto importante per la nostra propriocezione. Fortunatamente oggi, quasi tutti gli/le insegnanti rimediano a queste carenze integrando.

Non ci dimentichiamo che trascorriamo la nostra vita in piedi e adesso, ahimè stiamo troppo seduti, ma in ogni caso i nostri piedi sono la nostra base e ritengo che sia molto importante imparare ad avere un buon rapporto con la stazione eretta ed essere pronti a qualsiasi tipo di movimento.

OSSESSIONE PER IL CONTROLLO DEL CENTRO

Nel Pilates è molto importante abbinare la respirazione al movimento e questo mi sembra molto utile sia per sfruttare il movimento respiratorio, che per non andare in apnea. Tuttavia non sono totalmente d’accordo su come il Pilates ci insegna a respirare per mantenere il controllo del centro.

Chi ha già approcciato questo metodo avrà sentito innumerevoli volte l’insegnante dire: “risucchia l’ombelico” oppure “tieni la pancia in dentro”, o ancora “scava nell’addome”. Questo servirebbe ad attivare gli addominali profondi e quindi il trasverso addominale e a stabilizzare il centro per proteggere la schiena.

Non metto in discussione l’importanza di avere un centro forte, anche se a me piace più pensare ad un centro consapevole ma non ipertonico, ma portare l’ombelico verso la colonna fino a quasi non riuscire a respirare non mi sembra una buona idea e non ho trovato evidenze scientifiche che ne attestino l’importanza.

A mio avviso, respirare solo con le costole per stabilizzare il centro limita eccessivamente il movimento del diaframma e non riesco a capirne il vantaggio. Mi sembra piuttosto una sorta di ossessione a controllare il centro. Questo eccessivo reclutamento del centro con conseguente blocco del diaframma potrebbe portare anche ad un sovrareclutamento del pavimento pelvico e noi osteopati sappiamo bene a quanti blocchi questo possa contribuire.

Forse, nel Pilates, si mette un po’ troppa enfasi sugli addominali… mi permetto di dire.

Inoltre, credo che a volte noi insegnanti scambiamo la rigidità con il controllo del centro. Mi ricordo che un mio allievo affezionato, quando gli chiedevo di controllare il suo centro mi rispondeva: “non ti preoccupare, sono tutto ingessato!”. Effettivamente la sua notevole rigidità favoriva il suo controllo del centro, ma il lavoro che lui necessitava maggiormente era quello di mobilizzazione, di scioglimento!

Mi ricordo che durante un corso di formazione l’insegnante-guru mi disse che avevo uno scarso “core control”. Io! Dopo un iniziale momento di demoralizzazione mi sono sentita decisamente sollevata perché ho capito che non avevo nessuna voglia di somigliare a quei rigidoni del corso né di controllare il mio “core” (leggi cuore, in romanesco core) che deve viaggiare leggero e ribelle!

NESSUNA ESPLORAZIONE DEL MOVIMENTO

Questo è comune a quasi tutte le attività sportive. Non mi aspetto che una disciplina come il Pilates preveda dei momenti di ricerca ed esplorazione del movimento, però mi è sembrato opportuno citare questo punto per ricordarne la sua importanza sia dal punto di vista fasciale che creativo.

I recenti studi sul tessuto connettivo fasciale hanno scoperto che la fascia è un organo di senso ed è molto importante che riceva informazioni di movimento variegate, con ritmo e ampiezza diversi. 

Personalizzare un esercizio permette di entrare in comunicazione ancora più profonda con se stessi/e proprio perché i movimenti vengono da “dentro” e quindi aiutano a sviluppare la funzione sensoriale del sistema fasciale.

Non ultimo, lasciare spazio alle persone per ricercare un movimento spontaneo, un movimento di cui hanno bisogno, ad esempio, favorisce non solo l’ascolto di sé ma anche l’autonomia con la possibilità di crearsi degli esercizi ad hoc!

MANCANZA DI UN RILASSAMENTO FINALE

Da quando ho iniziato a studiare e a praticare la Mindfulness, ho capito ancora di più l’importanza di dedicare del tempo all’ascolto del corpo, senza far nient’altro. Nello yoga esiste la posizione “del cadavere” o Shavasana che permette di rilassare corpo e mente alla fine della lezione. Nel Pilates non si pratica molto, ma, a mio avviso, dedicare alcuni minuti in questa posizione permette al corpo di assorbire gli esercizi svolti.


Nonostante quanto ho riportato in questo articolo, ritengo che il Pilates sia un’ottima tecnica d’allenamento, e come tutte le tecniche ha i suoi limiti, come lo yoga, il Feldenkrais o la gyrokinesis. Sta agli insegnanti sviluppare un loro metodo integrato.

Ed è qui che arrivo al punto due, e cioè come ovviare ai limiti del Pilates…lo ripeto, integrandolo.

Integrandolo con quelle discipline che, invece, non soffrono delle carenze che ho descritto sopra…ma ne avranno delle altre, sicuramente!

Io integro le mie lezioni di Pilates online e dal vivo, con il Fascial Fitness (o allenamento fasciale) che permette di svolgere un ampio lavoro dinamico in piedi (ma non solo) e che focalizza la sua attenzione sul benessere delle catene miofasciali, promuove una tipologia di movimento più libera e tridimensionale.

Nell’allenamento che propongo inserisco anche elementi di Mindful Movement – movimento consapevole (o Mindfulness) per imparare a vivere appieno l’esperienza fisica e mentale durante le lezioni, ma anche per evitare di danneggiare il proprio corpo visto che una comunicazione profonda dovrebbe farci percepire meglio i nostri limiti e se un esercizio sia benefico oppure no.

Per concludere ci tengo a dire che io, quindi, insegno un ‘Pilates ribelle’, non patinato e, a volte, selvaggio… che a me piace chiamare Blooming Pilates.

Se vuoi provarlo inizia da qui ↓ Clicca sulla foto



Previous
Previous

THAILANDIA # 1 - Lo zucchero nella pasta

Next
Next

Chi era Joseph PILATES?